STORIE DA 8X1000. AGIRE DOVE SERVE

Grazie ai fondi destinati a sostenere attività umanitarie, l’UBI può essere concretamente a fianco di chi soffre. Ecco alcune di queste storie

Di Nicola Cordone

Grazie alle nuove risorse economiche provenienti dall’otto per mille, l’Unione Buddhista Italiana ha oggi l’opportunità di rafforzare il proprio impegno nella società e di dare concretezza ai valori etici universali a cui si ispira la saggezza millenaria del Buddha. Nel 2018 l’Ubi ha finanziato 53  progetti per un totale di due milioni e mezzo di euro premiando soprattutto quelli che affrontavano i temi, oggi più che mai attuali ed urgenti, dell’accoglienza, dell’inclusione, dell’istruzione e della tutela dei diritti civili delle minoranze.

Alcuni di essi, come “La meditazione che ha cura Hospice” e “Casa per accompagnare” alla vita e alla Morte, dell’Associazione tutto è vita Onlus, hanno il valore aggiunto di condensare in un unico progetto un ventaglio di tematiche che esprimono a vari livelli grande sintonia con la sensibilità buddhista. Abbiamo scelto di raccontarveli.

“Hospice – Casa per accompagnare alla vita e alla Morte” 

E’ una visione della morte diametralmente opposta alla comune concezione occidentale, che la considera come cessazione, fenomeno altro dalla vita, e non come un passaggio obbligato facente parte della vita stessa. Padre Guidalberto Bormolini, monaco del Movimento dei Ricostruttori nella preghiera,” e Referente del progetto per l’Ubi, ha dichiarato che alcuni studi scientifici dimostrano quanto deleterio possa essere per  gli uomini rimuovere il pensiero della morte. Questa prospettiva aumenta in modo rilevante l’angoscia che ha origine dal fenomeno e quanto invece sia più efficace imparare ad osservarla da un altro punto di vista: un Mistero aperto a tutte le possibilità.

La realizzazione di un Hospice e di una Casa per accompagnare i malati terminali e le loro famiglie sembra proprio aver seguìto questa linea guida filosofica

Il progetto del recupero di un antico borgo abbandonato su cui far nascere, accanto a queste due strutture, un eco-villaggio costituito da altri dieci edifici, tra cui una Casa delle arti, un’erboristeria spirituale, un orto officinale, due sale di meditazione, un refettorio e forse, in futuro, una piccola casa monastica interreligiosa; uno spazio di incontro e di accoglienza aperto alla vita in tutti suoi aspetti, dunque. Compresa la morte.

Il Borgo, che si adagia sulle dolci colline pratesi, vorrà essere un luogo in cui le relazioni umane saranno nutrite dalla spiritualità: un posto in cui il modo di vivere e di abitare sarà diverso e l’accoglienza diventerà la prima regola.

Progetto Semi di Speranza:

Presentato dalla Fondazione Il Faro, nasce dalla convinzione che il lavoro per i giovani sia la prima tappa per sentirsi parte attiva nella società, comprendere di avere un ruolo e mettere a disposizione degli altri le proprie competenze. Partendo da questi presupposti la Fondazione ha predisposto un programma di azione che ricalca le attività portate avanti già da molti anni aggiungendo però il coinvolgimento di parte dell’universo dei giovani immigrati che popolano oggi le nostre città.

L’altra novità ha riguardato l’introduzione del Corso di equilibrio emotivo CEB dedicato agli operatori del progetto: assistenti sociali, psicologi e insegnanti di italiano che, stando a contatto per otto mesi (da febbraio a settembre 2019) con soggetti particolarmente vulnerabili, hanno potuto lavorare sulle proprie emozioni per fronteggiare situazioni di elevato stress. In realtà anche i giovani allievi, ci informa Livia Brunetti, interlocutrice del Progetto per l’Ubi, sono stati seguiti dal punto di vista psicologico e motivazionale, avendo sempre a disposizione un’educatrice professionale. La vera novità, che distingue Semi di speranza da analoghi corsi di formazione per i giovani con finalità di inclusione sociale, consiste proprio nel “monitoraggio individuale, effettuato su misura per ogni ragazzo”. Il sottile fil rouge che collega il Progetto alla peculiare sensibilità buddhista è quindi rappresentato dall’ideale dell’accoglienza e della convivenza tra gruppi di fede e culture differenti, come pure dall’attenzione ai processi mentali – tipica del Buddhismo -, che prende forma nel corso CEB, un richiamo indiretto, eppure inequivocabile, all’originaria disciplina spirituale. Ragazzi di età compresa tra i 17 e i 30 anni, il 40% dei quali italiani e il 60% stranieri, migranti economici o richiedenti protezione internazionale, sono stati suddivisi in quattro classi composte ciascuna da 15 elementi per imparare i rudimenti dei mestieri legati alla ristorazione. La fase on the job prevedeva un tirocinio di 50 ore da svolgersi all’interno di piccole e medie imprese. Livia Brunetti pone inoltre l’accento sulla qualità dei rapporti umani che si creano durante il periodo di apprendistato; rapporti di amicizia che perdurano nel tempo, poiché i ragazzi ricevono quel calore umano a cui non sono abituati, considerate le storie spesso drammatiche vissute sulla loro pelle. Dalla “convivenza obbligata” emerge poi una realtà che lascia ben sperare per il futuro: “i ragazzi si sono resi conto di essere tutti uguali… le differenze culturali si sono azzerate da subito e quelle che rimangono diventano un’opportunità di dialogo, uno spunto che genera curiosità e induce a scoprire nuove culture”, conclude la Brunetti.

Progetto Scolarizzazione e istruzione superiore moderna per i ragazzi delle popolazioni buddhiste nella zona himalayana di Chialsa (Valle di Solu Khumbu, Nepal)

Nel 2015, un terremoto di magnitudo 7,8 gradi della scala Richter con epicentro in Nepal ha devastato la zona di Chialsa, dove insiste il Progetto, con conseguenze molto gravi per l’economia e la sopravvivenza stessa della popolazione locale, l’etnia Sherpa, di tradizione buddhista: “Se gli abitanti si fossero trasferiti a Kathmandu sarebbero inevitabilmente finiti nelle baraccopoli e andati incontro ad una perdita della loro identità, nonché ad un inevitabile degrado sociale e morale”, ci racconta Franco Piatti, Presidente della Yeshe Norbu Appello per il Tibet Onlus.

Inoltre la morfologia del territorio, un altipiano situato a 2.600 metri di quota sulle prime pendici dell’Himalya, soggetto al gelo d’estate e alle piogge monsoniche in inverno, fa si che i bambini abbiano enormi difficoltà ad andare a scuola, pur essendo abituati a camminare a lungo sui sentieri di montagna, mentre quelli che abitano troppo distanti dall’istituto vengono completamente esclusi dall’istruzione e condannati a diventare pastori o agricoltori analfabeti. Dopo il terremoto il numero dei piccoli che necessitano di alloggio è aumentato considerevolmente ed è nata l’esigenza di costruire un nuovo ostello su due piani. Il supporto finanziario dell’Ubi è confluito inoltre nella copertura del programma didattico per dodici mesi, un insegnamento che comprende l’educazione scolastica, l’educazione tradizionale (con la partecipazione alle cerimonie e ai rituali religiosi) e, infine, l’educazione all’etica buddhista. A seguito dell’annuncio di un intervento da parte della Yeshe Norbu gli iscritti a scuola da 120 sono diventati 200 nel 2019. Il Presidente Piatti sottolinea “Lo scopo di fondo coincide con quello dell’Associazione Yeshe Norbu: preservare la cultura e i valori del buddhismo in tutte le zone dove viene minacciato da problemi politico-militari oppure, in altre parti del mondo, dalla povertà e dall’abbandono”.